La Storia dei Libri - page 3 - Arte - Cultura - Storia - Associna Forum

Autore Topic: La Storia dei Libri  (Letto 7351 volte)

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giop

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« Risposta #30 il: 14 Novembre, 2009, 23:32:14 pm »
non ho la preparazione culturale di cavallo, ma cerco ugualmente di esprimere un qualche mio pensiero (in maniera un po' disordinata...):
- nel parlare di libri c'è anche da ricordare che l'Italia è (purtroppo...) agli ultimi posti fra i paesi OCSE come numero di lettori di libri e persino quotidiani
- sul "provincialismo" della cultura italiana, non posso (purtroppo...) che concordare. Personalmente non sono un intellettuale, leggo un po', ma spesso vengo considerato una persona molto colta... troppo facilmente. La cultura scientifica è a livelli bassissimi. Di quella "umanistica" se ne apprezza la parte roboante, per far bella figura e/o per "fare salotto"
- in base alle mie conoscenze, credo che sia non esatto far risalire molte "innovazioni" alla persia o alla cina, magari sulla base di un confronto per similitudide: se dante ed uno scrittore arabo hanno parlato di un viaggio "mistico", non necessariamente l'uno ha copiato dall'altro (ma non conosco questo problema particolare...)
- in molti casi più che di diritti di primogenitura da assegnare, sottolineerei il continuo e reciproco scambio e la "cooperazione" (magari ottenuta con il metodo del "copia e poi migliora") fra Orienteed Occidente.
- infine: forse sarebbe meglio non esagerare con l'auto-flagellazione :-) In USA, leader nel mix razziale e nella cultura scientifica (anche se non di massa...), il razzismo e/o il delirio identitario non scherzano...
Ciao a tutti
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da giop »

cavallo

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« Risposta #31 il: 15 Novembre, 2009, 00:04:55 am »
concordo con le analisi di giop, tranne che con quelle relative al valore degli influssi asiatici sulla tecnologia, la cultura in senso generale, l'alimentazione, ecc. occidentali e mi permetto di precisare che:

1) l'elenco che ho fatto (e proposto come test...) é SOLO di ALCUNI dei moltissimi  elementi che si é dimostrato (nella storia dell'arte, dell'architettura, dell'agricoltura, della musica, delle religioni, ecc.) essere PRODOTTI ORIGINARI ASIATICI diffusisi poi dall'Asia all'Occidente;
2)  neppure lontanamente esiste una possibilità di comparare tale diffusione con una in senso opposto (prima delle forzature effettuate dal colonialismo moderno) di elementi culturali dall'Occidente all'Oriente, in termini di prodotti, idee, stili, acquisizioni scientifiche, ecc.,: influssi vi furono  ma solo in epoca relativamente recente (diciamo dal XVI secolo in poi) e del tutto marginali (ad esempio nella ritrattistica, nell'uso del tabacco, ecc.);
3) specificamente il caso di Dante é dimostrato da alcuni decenni (da Asin Palacios, Cerulli, Sacconi, Scarcia Amoretti,  ecc.) e non é la parallela descrizione da parte dell'Alighieri e di uno scrittore islamico di un viaggio mistico, ma:
* l'ispirazione generale dell'opera dantesca "Commedia" e di interi suoi capitoli (ad esempio quello della Città Infernale) da un testo islamico ("Khitab al Mira'ji") tradotto a Toledo in Spagnolo, Latino e Francese (le ultime 2 lingue note a Dante) e nella terza lingua da emigrati senesi amici di Brunetto Latini (che fu di Dante il maestro e parlava correntemente e scriveva Francese): Dante conosceva quel testo e vi si ispirò;
* molte parti della "Commedia" sono basate sulla mistica sufica di Al  Arabi (morto a Damasco) e la concezione della "Rosa dei Beati" in rapporto con la mistica della luce  ricalca pienamente quella del sufismo islamico anteriore a Dante, come ormai dimostrato da decenni e accettato da tutti gli storici occidentali anche cattolici (compreso Cardini);
* Dante era studioso delle traduzioni delle opere  di Ibn Sina (Avicenna), come del resto lo fu S.Tommaso d'Acquino  e pone Avicenna nel LIMBO (nonostante che egli sia stato Musulmano e vissuto DOPO Cristo) per deferenza;

altrettanti influssi islamici si riscontrano in Boccaccio, S.Francesco, Chaucer, la leggenda del Graal, ecc., nonché nella poesia provenzale, siciliana della corte di Federico II, toscana, oltre che iberica, ecc.

ciononostante (basta rileggere la lista ASSAI INCOMPLETA da me fatta), i maggiori debiti verso l'Asia, l'Occidente li ha in altri campi: scienza (matematica e astronomia incluse), musica, religione e riti (Cristianesimo incluso, copme religione in sé e  con i suoi angioletti, i magi, il rosario, le campane, ecc.), agricoltura ed alimentazione, stili architettonici, tecnologie per la scrittura e la navigazione, i commerci e la finanza, ecc. e mi pare si tratti del 90% degli elementi fondanti la cosiddetta "identità occidentale" come la intendono oggi i suoi corifei nonché la  "modernità" prerinascimentale, rinascimentale e postrinascimentale....!

e sto parlando SOLO di prodotti, tecniche, elementi culturali di cui:
* E' DIMOSTRATA l'origine asiatica e la NON ORIGINE indipendente in Occidente;
* E' DIMOSTRATA l'epoca e la via di trasmissione dall'Oriente all'Occidente.

ripeto, nessun debito comparabile ha l'Oriente verso l'Occidente in 5 millenni, prima dell'aggressione coloniale occidentale che ha portato con sé anche  elementi tecnologici, ideologici, militari, economici occidentali (spesso rielaborazioni...di quelli orientali come la polvere da sparo e l'artiglieria!!!).

dunque uno "scambio" immensamente ineguale...!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

Gia_76

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« Risposta #32 il: 02 Dicembre, 2009, 11:54:18 am »
A proposito di cultura orientale e film: ho appena visto Primavera, Estate, Autunno, Inverno e ancora Primavera di Kim Ki Duk. Molto bello ,poetico, filosoficamente ricco di contenuti taoisti e buddisti, tra cui quello che la vita va vissuta sempre, nel bene e nel male, e che anche chi sbaglia (tutti sbagliamo in effetti), pu? comunque essere di guida alla generazione successiva. In aggiunta, splendidi paesaggi e inquadrature.
Uno dei miei film asiatici preferiti insieme, insieme alla Strada verso casa di Zhang Ymou e al bellissimo L'arpa birmana di Ishikawa.

Ovviamente non vedremo *mai* questi film nella nostra televisione, molto meglio rincoglionire la gente col Grande Fratello e , se si deve trasmettere qualche film orientale, che sia una cagata stile Bruce Lee e che ovviamente non faccia riflettere e pensare: la pessima TV è una costante!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Gia_76 »

nessuno

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« Risposta #33 il: 02 Dicembre, 2009, 14:50:24 pm »
Citazione da: "Gia_76"
che sia una cagata stile Bruce Lee


8O   SACRILEGIO !!!!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da nessuno »

dorian

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« Risposta #34 il: 02 Dicembre, 2009, 22:02:40 pm »
@Gia_76
"L'arpa birmana" ?
 :)  :)  :)
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da dorian »

Gia_76

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« Risposta #35 il: 03 Dicembre, 2009, 11:47:10 am »
Citazione da: "dorian"
@Gia_76
"L'arpa birmana" ?
 :)  :)  :)
E' un bellissimo film giapponese contro gli orrori della guerra, è un film vecchio, in bianco e nero.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Gia_76 »

glaus

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« Risposta #36 il: 11 Giugno, 2010, 04:02:01 am »
A parte alcuni dei motivi elencati che trovo condivisibili, ce ne sono altri su cui vorrei porre l'attenzione.
Il primo è il successo degli scrittori. Quando uno scrittore ha successo, è molto probabile che altri suoi libri saranno tradotti (in Cina, le opere di Yu Hua contengono la prefazione all'edizione italiana!)
Il secondo è il successo della traduzione, indipendentemente dal fatto se sia scadente (nessuno si sogna di sostituire l'Yijing di Adelphi perché molto del suo successo lo si deve alla prefazione di Jung, pur essendo piena di sciocchezze).

Un punto importante è il fatto che molte delle opere classiche, limitandoci allo sfondo religioso e filosofico, sono, senza esagerazione, immense. E' difficile che sul mercato possa uscire il Mahabharata, grande sette volte l'Iliade e l'Odissea messi insieme o il canone taoista in trenta volumi grandi quanto l'elenco telefonico di Milano. Queste opere oltre a essere costosissime, sono riservate a un pubblico di specialisti e questo vale anche per le opere filosofiche cinesi a meno che non si tratti di quelle più famose (come il Laozi o i Lunyu).

Inoltre, in Italia, manca la dovuta preparazione per affrontare la traduzione di tutta la narrativa fantastica cinese di epoca Ming, dato che tutti i ricercatori sono emigrati all'estero.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da glaus »

cavallo

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« Risposta #37 il: 11 Giugno, 2010, 07:28:19 am »
le annotazioni di glaus sono assai interessanti e meriterebbero un intero thread di approfondimento, che si occupi delle motivazioni di alcune delle realtà che glaus cita.

ad esempio:

1) "il successo degli scrittori. Quando uno scrittore ha successo, è molto probabile che altri suoi libri saranno tradotti (in Cina, le opere di Yu Hua contengono la prefazione all'edizione italiana!)"
giustissimo! e come si COSTRUISCE il "successo degli scrittori" ? Perché nel cosiddetto "libero mercato" il successo non é affatto ...liberamente acquisito ma costruito attraverso presentazioni, passaggi in TV (magari al "Maurizio Costanzo show" o a "Che tempo che fa"...), pubblicità costosa, testimonials famosi, esposizione in determinati punti-chiave delle librerie, durata della presenza negli scaffali, ecc.
dunque la questione pu? tradursi in: "chi e perché decide in Italia che gli scrittori cinesi abbiano più o meno successo"?
 
2) "il successo della traduzione, indipendentemente dal fatto se sia scadente (nessuno si sogna di sostituire l'Yijing di Adelphi perché molto del suo successo lo si deve alla prefazione di Jung, pur essendo piena di sciocchezze)"
questo giusto esempio mostra che   in effetti non si ha in Italia alcun rispetto per la cultura cinese (che produsse l'Yiing), neppure da parte di una casa editrice "seria" come la Adelphi, e al contrario si mitizza il valore (certo alto oggettivamente) della cvultura germanica (Jung): il problema torna ad essere di scelte ideologiche....;

3) "Un punto importante è il fatto che moltedelle opere classiche, limitandoci allo sfondo religioso e filosofico, sono, senza esagerazione, immense. E' difficile che sul mercato possa uscire il Mahabharata, grande sette volte l'Iliade e l'Odissea messi insieme o il canone taoista in trenta volumi grandi quanto l'elenco telefonico di Milano. Queste opere oltre a essere costosissime, sono riservate a un pubblico di specialisti e questo vale anche per le opere filosofiche cinesi a meno che non si tratti di quelle più famose (come il Laozi o i Lunyu)"
verissimo, ma l'esempio precedente mostra quali orrori  si compiano anche per opere assai più corte come l'Yiing, ed inoltre ci sono dentinaia di leggende e favole cinesi tutt'alòtro che lunghe e mai tradotte in Italiano....;

4) "Inoltre, in Italia, manca la dovuta preparazione per affrontare la traduzione di tutta la narrativa fantastica cinese di epoca Ming, dato che tutti i ricercatori sono emigrati all'estero."
questa é un'altra osservazione giustissima, e resta allora da capire perché e si torna a scelte di politica culturale, finanziaria, universitaria, della ricerca in genere.....
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glaus

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« Risposta #38 il: 11 Giugno, 2010, 12:59:31 pm »
Le premesse ideologiche sono, a mio avviso, determinanti e spesso sono alla base di scelte più o meno condivisibili che però condizionano la ricezione di una cultura in un paese straniero (dato che ci? avviene in primo luogo con le traduzioni).
Io non credo che il successo di Yu Hua sia stato costruito a tavolino (Yu Hua è molto famoso anche in Cina e il suo libro Huozhe û Vivere è stato spesso indicato come una delle opere letterarie più impartanti della Cina degli anni æ90) tuttavia, indipendentemente dalla qualità dei lavori che uno scrittore produce, si rivela determinante spesso una pluralità di fattori che nutrono i pregiudizi ideologici e gli stereotipi verso una cultura straniera. Per rimanere nell’esempio della Cina, i romanzi ambientati nel periodo maoista, specie durante la rivoluzione culturale. Oppure film pseudo storici come ôHeroö, ôLa tigre e il dragoneö, ôLa foresta dei pugnali volantiö che riprendono un genere di nicchia (il cinema di cappa e spada degli anni ’70).
Certo, ci sono eccezioni alla regola del periodo maoista (ad esempio Qiu Xiaolong, i cui gialli sono ambientati tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Non so quanti, fra il pubblico italiano, abbiano notato che l’autore scrive in inglese), ma è indubbio che quella sia un’ambientazione che riscuote estremo successo presso il pubblico italiano, così come, ugualmente, romanzi che si focalizzano sull’aspetto repressivo e illiberale della società cinese (Bai Xianyong, oppure il romanzo Tongzhi û ôcompagnoö, ma ora significa più ôomosessualeö. Si noti come questo tratto affondi nella vecchia concezione del dispotismo asiatico), tutte cose interessanti ma a ben vedere che non danno un’immagine complessiva né del mondo cinese né delle cause che lo abbiano portato a compiere certe scelte e ad assumere certi valori, siano essi più o meno condivisibili, liberali o tirannici.
Per quel che riguarda il secondo punto, non so fino a che punto la prefazione di Jung sia stata mantenuta per ragioni ideologiche. Posso testimoniare che presso molte persone di sinistra la prefazione, in quanto scritta da Jung, fa testo, poiché Jung è stato una delle figure intellettuali più influenti del Novecento e, che lo si voglia o no, ha condizionato (e purtroppo condiziona ancora presso certi ambienti) la ricezione e la comprensione di molte delle correnti filosofiche e religiose dell’Asia Orientale. A ci? aggiungiamo anche i vari Fritjiof Capra, etc. Il fatto che gli accademici preferiscano citare Jung e non un sinologo (che non sia Wilhelm, anni ’20) contemporaneo che abbia potuto giovare dei progressi delle discipline sinologiche, la dice lunga sull’attitudine degli intellettuali nei confronti della cultura cinese. Forse in questo poco confortante quadro salverei Einaudi e Nottetempi.
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cavallo

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« Risposta #39 il: 11 Giugno, 2010, 13:03:20 pm »
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