Come una leggenda metropolitana assurge al ruolo di interrogazione parlamentare. Ma perchè non si fanno un po' di verifiche prima?
Negli anni ’70 in Italia c’era una curiosa penuria di monete, per cui i negozianti per dare i resti usavano caramelle ed altri beni di piccolo valore, fino a che le banche non decisero di emettere i miniassegni, ovvero degli assegni al portatore del valore di 50, 100 lire.
E, sempre in quel periodo, circolava una leggenda metropolitana secondo la quale tale penuria era dovuta alla fame di metallo delle industrie automobilistiche giapponesi, per cui i giapponesi sarebbero stati usi a prendere le monete in Italia per portarle in Giappone, fonderle e farne metallo per le lamiere delle loro automobili.
A distanza di decenni è facile esercitare il proprio senso critico concludere che erano delle sciocchezze; una moneta per quanto di basso valore nominale ha pur sempre un valore più alto della sua materia prima e quindi una tale operazione non avrebbe avuto nessun senso commerciale.
Però, complice il fatto che negli anni ’70 in Italia non si faceva molta distinzione tra giapponesi e cinesi, molti miei amici mi chiedevano cosa pensavo di questo fatto e quando portavo argomenti contro tale voce vedevo dalle loro espressioni che comunque rimaneva un dubbio.
Riporto questa vecchissima leggenda metropolitana per introdurne una di nuovo conio avendola presa sul nascere, e cioè la voce secondo cui i cinesi riciclino preservativi già utilizzati, una voce che circola su internet già dal 2002 ed assurta a notizia essendo stata riportata in un articolo del Tgcom
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/arti ... 8116.shtmlDovrebbe bastare pensare all’assurdità della raccolta dei preservativi usati, esercizio antieconomico vista la difficoltà della raccolta di tali oggetti (dove si raccoglie un preservativo usato? E come riuscire a garantire la stessa circonferenza per averne un prodotto industriale? Quanto costerebbe alla fine raccogliere un preservativo utilizzato rispetto al prezzo di un elastico per capelli?).
Ma l’articolo riporta un fonte, e cioè uno dei giornali più citati della Cina, il governativo China Daily
http://www.chinadaily.com.cn .
Peccato però che il China Daily non riporti questa notizia, come si pu? vedere facendo una ricerca sul suo sito
http://search.chinadaily.com.cn/searche ... dom&ch=all . Dove avranno preso questa notizia i giornalisti del TGComò
Facendo una ricerca su google si trova in effetti un articolo che cita questa notizia
http://app1.chinadaily.com.cn/star/2002/0411/cn8-2.html una parte della URL è in effetti la stessa del China Daily ma la testata è un’altra, tal Shanghai Star, giornale in lingua inglese destinato agli espatriati di lingua inglese di Shanghai, di diffusione ed autorevolezza molto più limitata.
E qui si nota già una contraddizione con quanto riportato dal TGCom che riporta il fatto come avvenuto in due città della provincia del Guangdong, nell’estremo sud della Cina, mentre il Shanghai Star riporta il fatto come avvenuto a Qingdao, nella provincia del Shangdong, nel nord della Cina, quindi due luoghi diversi a migliaia di chilometri di distanza.
Anche il Shanghai Star riporta la sua brava fonte, il sito di China News, un’agenzia giornalistica
http://www.chinanews.com.cn/ peccato che nel sito non si riesca a trovare la notizia incriminata, nè nella versione in inglese nè in quella in cinese!
In un altro sito giornalistico si pubblicano le foto degli elastici incriminati, fatti di un filo di cotone avvolto intorno ad una parte centrale fatta di materiale elastico.
E’ evidente che tale prodotto è fatto da una macchina in modo automatico e, come tutti i prodotti industriali, ha bisogno di un semilavorato con determinate caratteristiche tecniche che difficilmente possono essere garantite da un preservativo utilizzato e riciclato.
Sorge la domanda, ma non sarà che, più semplicemente, gli stessi semilavorati possono essere utilizzati per diversi tipi di prodotti, come normalmente avviene per diversi tipi di prodotto? E non è più semplice prendere tali semilavorati dalla fabbrica stessa, ad un prezzo industriale e quindi contenuto, invece che sguinzagliare degli operai in giro per la città alla ricerca di preservativi usati, trasportarli, farli lavare, verificare che siano della stessa misura, lavorarli ed infine utilizzarli per fabbricare un prodotto che alla fine costa una frazione di centesimo di euro.
Sarebbe una barzelletta se tale leggenda metropolitana non fosse diventata, nei passaggi dallo sconosciuto Shanghai Star al TGCom, oggetto di una possibile interrogazione parlamentare promossa da una associazione di consumatori.
Chi ha avuto la pazienza di leggere queste righe avrà avuto modo di capire, spero, che una verifica delle fonti richiede pochissimo, solo qualche click su internet, ed è spiacevole vedere che gli organismi d’informazione nazionali non si prendano questo onere che dovrebbe far parte del proprio lavoro.
Altrettanto spiacevole vedere che, nel mondo dei blogger, tali leggende metropolitane siano prese e diffuse in modo assolutamente acritico.
Ma è veramente disdicevole che una associazione di consumatori
http://www.aduc.it/dyn/dilatua/dila_mos ... ?id=200542 , che ha dei mezzi a disposizione che i comuni cittadini non hanno, decida di usarli sulla base di informazioni non verificate creando allarmismo. Io ci ho messo un’oretta del mio tempo libero per verificare le fonti. Perchè, prima di attivarsi perchè una parlamentare faccia un’interrogazione a due ministri, una associazione di consumatori non pu? fare lo stesso?
Marco Wong
Fonte:
http://www.associna.com/modules.phpònam ... le&sid=544