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Diritti dell'immigrato & Osservatorio / Re:Donne straniere vendute in Cina come spose o prostitute
« il: 17 Dicembre, 2012, 00:13:34 am »
http://terresottovento.altervista.org/?p=2105
Secondo un gruppo di militanti birmani, trafficanti senza scrupoli, il declino e la militarizzazione della Birmania unitamente ad una carenza di donne causata dalla politica demografica di «un figlio solo», hanno contribuito al traffico di donne dalla regione birmana di Palaung verso la Cina.
«Abbiamo documentato sin dal 2007 72 casi di traffico sospetto e reale che coinvolgevano 110 persone» dice Lway Moe Kam dell’Organizzazione delle Donne di Palaung (PWO), tra i quali figurano anche 11 bambini sotto i dieci anni. Un quarto delle donne vendute erano state costrette a sposare uomini cinesi, mentre un’altra parte era stata costretta a prostituirsi. Secondo il gruppo PWO, nove delle dieci vittime del traffico non la fanno franca.
Secondo un racconto particolarmente agghiaciante di una delle vittime, lei era stata portata in una costruzione a Shandong, nella Cina Orientale, dove delle persone erano tenute per tenere in vita le sanguisughe, usate come medicina cinese. «Ho visto alcune persone in quella stanza in pozze di acqua. Erano tutte grasse, ma sembravano privi di vita e non si muovevano. Poi notai che avevano delle sanguisughe a succhiar loro il sangue»
Il gruppo PWO ammette che il numero delle vittime del traffico sarà più alto di quanto scoperto finora, in quanto, a causa dei vincoli culturali locali, delle sfide logistiche e di sicurezza che affrontano i ricercatori che lavorano nell’area, i numeri reali sono difficili da determinare. Nella maggioranza dei casi rimaneva poco chiara la vera situazione in cui la vittima era stata venduta.
«I trafficanti lavorano in segreto, e la presenza dell’esercito implica che dobbiamo essere più attenti nel fare la ricerca e nel parlare con le persone.» sostiene un altro militante del PWO. Inoltre la cultura di Paluang è molto critica nei confronti della sessualità prematrimoniale, rendendo anche più difficile alle donne, che hanno subito violenze sessuali o crimini sessuali, «di ammettere che sono state vittima del traffico» dice Lway Moe Kah, l’autrice del rapporto del PWO «Vite rubate».
Una scoperta sorprendente è che la maggioranza delle persone implicate nel traffico erano donne, un fattore che l’autrice del libro attribuisce alla maggiore fiducia posta nelle donne dalle vittime eventuali del traffico: «Se il lavoro è svolto da una donna, ha un migliore aspetto». Ma un esule birmano in esilio invita alla cautela su questo, in quanto quelle donne potevano esse stesse essere state costrette da altri trafficanti, probabilmente uomini, che dominano il commercio umano.
L’indagine era centrata sulle cittadine di Namkahn, Manhsan e Mantong nella regione Palaung dello stato Shan che si situa sulla frontiera con la Cina. Non esistendo un censimento recente, si pensa che la popolazione della regione si aggiri attorno al milione di persone, la maggioranza della quale abitano le montagne di una zona ricca in oro, argento, zinco e d alluminio.
La politica demografica cinese ha contribuito ad una relativa scarsezza di donne nella nazione, mentre la Scuola Cinese di Scienze Sociali ha di recente pronosticato che per il 2020 ventiquattro milioni di cinesi non potranno trovare moglie. Mentre le leggi non sono applicate così decisamente nelle aree rurali, come quelle sulla frontiera birmana, come lo sono nelle parti orientali della Cina, esse contribuiscono ad un crescente sbilancio di genere con aborti come selezione di sesso estrememante comuni, secondo la Scuola Cinese di Studi Sociali.
Avendo ristretto, per legge, le famiglie ad uno o forse due bambini si è esacerbata una preferenza culturale per i figli maschi che è risultata in 119 ragazzi per 100 ragazze, disparità che diventa 130 a 100 per le aree rurali.
Secondo il governo americano nel suo rapporto sulle tendenze del traffico di persone, il governo birmano è ala lavoro per combattere alcuni aspetti del traffico, quali quello sessuale internazionale. Attraverso la sua legge del 2005 contro il traffico delle persone, la Birmania proibisce il traffico del sesso e dei lavoratori e mette sullo stesso piano i trafficanti e gli stupratori. Comunque secondo il rapporto, la situazione del traffico interno della Birmania è peggiorata sia mediante l’uso di soldati bambini che per il lavoro forzato per l’esercito, abusi molto diffusi nelle comunità a minoranza etnica.
La legge del 2005 non è applicata scondo i ricercatori delle regioni di Palaung e Kachin, e la politica birmana nelle altre aree contribuisce direttamente o indirettamente al traffico delle donne e dei bambini, mediante il conflitto e le condizioni economiche che costringono la gente ad emigrare e che li rendono vulnerabili alle bande di trafficanti e di criminali.
All’interno delle Birmania, la regione di Palaung è forse meglio conosciuta per la sua produzione del tè che negli anni recenti era requisita dall’esercito, fattore che per PWO ha contribuito al problema del traffico umano della regione. Infatti il monopolio da parte dell’esercito dell’industria dek tè costringe «la gente del posto a vendere i loro tè alle aziende dei militari a prezzi molto bassi». Il conseguente calo delle entrate contribuisce alla emigrazione sia all’interno dello stato Shan che attraverso la frontiera della Cina, rendendo le donne vulnerabili al traffico umano.
Un simile scenario è stato descritto per lo stato Kachin, ora disatrato dal conflitto, da Khaung Seng Pan dell’Associazione delle donne del Kachin (KWAT) che sostiene che «una mancanza di lavoro e la presenza dell’esercito ha spinto le persone ad andarsene». La sua organizzazione è a conoscenza di 130 casi di persone trafficate, donne e bambini, verso la Cina dallo stato Kachin in Birmania nel 2010.
Lo stato del Kachin si trova a nord della regione Palaung e condivide una frontiera con la Cina. Dal 9 di giugno l’armata indipendente del Kachin e l’esercito birmano stanno facendosi guerra, dopo che la KIA ha accusato il governo Birmano di aver rotto un accordo di cessate il fuoco di lunga data e di aver occupato varie aree ritenute dal KIA. Al contempo il governo birmano chiede al KIA, e a tutte le armate etniche, di far parte della guardia di frontiera della nazione, proposta che non è stata accettata da quasi tutte le milizie.
Secondo un gruppo di militanti birmani, trafficanti senza scrupoli, il declino e la militarizzazione della Birmania unitamente ad una carenza di donne causata dalla politica demografica di «un figlio solo», hanno contribuito al traffico di donne dalla regione birmana di Palaung verso la Cina.
«Abbiamo documentato sin dal 2007 72 casi di traffico sospetto e reale che coinvolgevano 110 persone» dice Lway Moe Kam dell’Organizzazione delle Donne di Palaung (PWO), tra i quali figurano anche 11 bambini sotto i dieci anni. Un quarto delle donne vendute erano state costrette a sposare uomini cinesi, mentre un’altra parte era stata costretta a prostituirsi. Secondo il gruppo PWO, nove delle dieci vittime del traffico non la fanno franca.
Secondo un racconto particolarmente agghiaciante di una delle vittime, lei era stata portata in una costruzione a Shandong, nella Cina Orientale, dove delle persone erano tenute per tenere in vita le sanguisughe, usate come medicina cinese. «Ho visto alcune persone in quella stanza in pozze di acqua. Erano tutte grasse, ma sembravano privi di vita e non si muovevano. Poi notai che avevano delle sanguisughe a succhiar loro il sangue»
Il gruppo PWO ammette che il numero delle vittime del traffico sarà più alto di quanto scoperto finora, in quanto, a causa dei vincoli culturali locali, delle sfide logistiche e di sicurezza che affrontano i ricercatori che lavorano nell’area, i numeri reali sono difficili da determinare. Nella maggioranza dei casi rimaneva poco chiara la vera situazione in cui la vittima era stata venduta.
«I trafficanti lavorano in segreto, e la presenza dell’esercito implica che dobbiamo essere più attenti nel fare la ricerca e nel parlare con le persone.» sostiene un altro militante del PWO. Inoltre la cultura di Paluang è molto critica nei confronti della sessualità prematrimoniale, rendendo anche più difficile alle donne, che hanno subito violenze sessuali o crimini sessuali, «di ammettere che sono state vittima del traffico» dice Lway Moe Kah, l’autrice del rapporto del PWO «Vite rubate».
Una scoperta sorprendente è che la maggioranza delle persone implicate nel traffico erano donne, un fattore che l’autrice del libro attribuisce alla maggiore fiducia posta nelle donne dalle vittime eventuali del traffico: «Se il lavoro è svolto da una donna, ha un migliore aspetto». Ma un esule birmano in esilio invita alla cautela su questo, in quanto quelle donne potevano esse stesse essere state costrette da altri trafficanti, probabilmente uomini, che dominano il commercio umano.
L’indagine era centrata sulle cittadine di Namkahn, Manhsan e Mantong nella regione Palaung dello stato Shan che si situa sulla frontiera con la Cina. Non esistendo un censimento recente, si pensa che la popolazione della regione si aggiri attorno al milione di persone, la maggioranza della quale abitano le montagne di una zona ricca in oro, argento, zinco e d alluminio.
La politica demografica cinese ha contribuito ad una relativa scarsezza di donne nella nazione, mentre la Scuola Cinese di Scienze Sociali ha di recente pronosticato che per il 2020 ventiquattro milioni di cinesi non potranno trovare moglie. Mentre le leggi non sono applicate così decisamente nelle aree rurali, come quelle sulla frontiera birmana, come lo sono nelle parti orientali della Cina, esse contribuiscono ad un crescente sbilancio di genere con aborti come selezione di sesso estrememante comuni, secondo la Scuola Cinese di Studi Sociali.
Avendo ristretto, per legge, le famiglie ad uno o forse due bambini si è esacerbata una preferenza culturale per i figli maschi che è risultata in 119 ragazzi per 100 ragazze, disparità che diventa 130 a 100 per le aree rurali.
Secondo il governo americano nel suo rapporto sulle tendenze del traffico di persone, il governo birmano è ala lavoro per combattere alcuni aspetti del traffico, quali quello sessuale internazionale. Attraverso la sua legge del 2005 contro il traffico delle persone, la Birmania proibisce il traffico del sesso e dei lavoratori e mette sullo stesso piano i trafficanti e gli stupratori. Comunque secondo il rapporto, la situazione del traffico interno della Birmania è peggiorata sia mediante l’uso di soldati bambini che per il lavoro forzato per l’esercito, abusi molto diffusi nelle comunità a minoranza etnica.
La legge del 2005 non è applicata scondo i ricercatori delle regioni di Palaung e Kachin, e la politica birmana nelle altre aree contribuisce direttamente o indirettamente al traffico delle donne e dei bambini, mediante il conflitto e le condizioni economiche che costringono la gente ad emigrare e che li rendono vulnerabili alle bande di trafficanti e di criminali.
All’interno delle Birmania, la regione di Palaung è forse meglio conosciuta per la sua produzione del tè che negli anni recenti era requisita dall’esercito, fattore che per PWO ha contribuito al problema del traffico umano della regione. Infatti il monopolio da parte dell’esercito dell’industria dek tè costringe «la gente del posto a vendere i loro tè alle aziende dei militari a prezzi molto bassi». Il conseguente calo delle entrate contribuisce alla emigrazione sia all’interno dello stato Shan che attraverso la frontiera della Cina, rendendo le donne vulnerabili al traffico umano.
Un simile scenario è stato descritto per lo stato Kachin, ora disatrato dal conflitto, da Khaung Seng Pan dell’Associazione delle donne del Kachin (KWAT) che sostiene che «una mancanza di lavoro e la presenza dell’esercito ha spinto le persone ad andarsene». La sua organizzazione è a conoscenza di 130 casi di persone trafficate, donne e bambini, verso la Cina dallo stato Kachin in Birmania nel 2010.
Lo stato del Kachin si trova a nord della regione Palaung e condivide una frontiera con la Cina. Dal 9 di giugno l’armata indipendente del Kachin e l’esercito birmano stanno facendosi guerra, dopo che la KIA ha accusato il governo Birmano di aver rotto un accordo di cessate il fuoco di lunga data e di aver occupato varie aree ritenute dal KIA. Al contempo il governo birmano chiede al KIA, e a tutte le armate etniche, di far parte della guardia di frontiera della nazione, proposta che non è stata accettata da quasi tutte le milizie.